sabato 28 marzo 2020

PEDAGOGIA: Emilio, le critiche


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Dall’opera traspare la fiducia che il filosofo aveva nell’uomo, nelle capacità e nei desideri del bambino, e contemporaneamente la sfiducia che provava nei confronti dell’educazione pubblica. L’Educazione pubblica avveniva nel ‘700 all’interno di scuole gestite dalla Chiesa e veniva contrapposta all’educazione privata, la quale veniva impartita in famiglia per mezzo di precettori, nella maggior parte dei casi facenti parte del clero. 
Particolarmente vivo nel XVIII secolo era il dibattito sui pregi e difetti dell’istruzione del singolo, in tali termini il contributo di Rousseau fu significativo in quanto fu il primo a portare argomenti nuovi e dirompenti a favore dell’istruzione privata. 
Egli si concentrò inoltre sulla condanna delle monarchie assolute, prendendo come modello di esempio la Francia del XVIII secolo, e sostenendo come esse non potessero favorire la nascita dell’idea di patria o dell’idea di cittadino. Tali teorie, in aggiunta alle sue tesi relativa all’insegnamento della religione, costare la messa al bando dell’Emilio e l’esilio di Rousseau da Parigi. Numerose furono le critiche che vennero sollevate per quanto riguarda il suo modello educativo e le sue idee: in particolare nota è la confutazione di Giacinto Sigismondo Gerdil. Il precettore vedeva infatti l’istruzione religiosa come base di ogni altro apprendimento e sosteneva come l’uomo fosse per natura portato a fare un uso errato dei sensi. La religione era dunque suo parere l’unico sapere in grado di moderare gli stimoli potenzialmente per versi offerti dai sensi. L’ultima critica riportata riguarda la scelta di educare il bambino in solitudine, impraticabile nella realtà e soprattutto controproducente per la futura vita all’interno della società.

PEDAGOGIA: Emilio, i riconoscimenti

Il modello educativo proposto da Rousseau | Piccola Storia dell ...

L’opera di Rousseau ottenne numerosi riconoscimenti:
  1. Contribuì a rendere chiare le trasformazioni che regolano lo sviluppo dell’essere umano, divulgando le teorie sensistiche. Sulla base di tali teorie, tra la nascita e i due anni il bambino vive in uno stato di sensibilità indifferenziata. Successivamente, tra i due e i 12 anni, raggiunge un livello all’interno del quale i sensi rimangono il principale strumento cognitivo, perché l’individuo non riesce ancora a fare un uso adeguato della razionalità. Il terzo periodo è invece quello della pre adolescenza, in cui avviene il completamento dello sviluppo cognitivo e il soggetto diventa autosufficiente. A tale fase segue invece la “seconda nascita”, in cui alla funzione dell’intelletto si aggiungono quella estetica e quella etica, le quali permettono lo sviluppo della morale e della virtù.
  2. Il secondo apporto riguarda la tesi secondo cui ciascun individuo è portatore di capacità originali l’educazione deve favorire lo sviluppo del bambino in modo che egli abbia la possibilità di “divenire se stesso” da adulto.
  3. Essenziale fu infine il suo contributo per quanto riguarda la figura dell’educatore: egli si oppose all’immagine tradizionale di genitore o precettore in quanto figura direttiva e autoritaria, preferendo invece una visione dell’adulto come colui che si prodiga per organizzare le situazioni educative idonee alla maturazione dell’allievo. Rousseau parla dunque di un’educazione indiretta o “negativa”.
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PEDAGOGIA: la pedagogia nell’Emilio


Libro Emilio - J. Rousseau - Laterza - Economica | LaFeltrinelli
Il punto di partenza dell’Emilio è la convinzione che induceva Rousseau a distinguere nettamente l’uomo naturale dell’uomo civile. Infatti mentre il primo usciva dalle mani del Creatore ed era per questo “buono“, il secondo, invece, risentiva della negativa influenza sociale. 
L’obiettivo dell’opera era dunque quello di dimostrare la necessità di abbandonare le modalità educative tradizionali, al fine di raggiungere una pedagogia rispettosa degli interessi dell’abilità del bambino, in grado quindi di valorizzarne le risorse ascoltarne i bisogni. Fondamentale risulta quindi il compito dei genitori e dei precettori i quali devono fornire un orientamento coerente ai tre differenti tipi di educazione:l’educazione della natura, ovvero lo sviluppo del corpo, l’educazione delle cose, ossia l’esperienza e infine l’educazione degli uomini, cioè la cultura. Al fine di garantire il benessere del bambino, educandolo e istruendolo, nel migliore dei modi, concentrandosi specialmente sulla pratica in quanto “l’esperienza viene prima delle lezioni”, risultava più semplice secondo Rousseau immaginare di educare Emilio in campagna al fine di conservarne a lungo l’ingenuità e l’integrità.

PEDAGOGIA: Jean-Jacques Rousseau e l’Emilio,la trama


Il terremoto: ieri come oggi | La Porzione
Jean-Jacques Rousseau, filosofo francese, conobbe la sua fama nella seconda metà del Settecento, dopo la Pubblicazione, avvenuta nel 1762, della sua opera “Emilio”. L’intera opera si basa sul concetto di natura all’interno del pensiero del filosofo: essa è alla base dell’educazione oltre che alla base dell’ipotesi intellettuale che rimanda ad un presunto stato originario dell’uomo come essere autonomo.
L’Emilio è un romanzo pedagogico all’interno del quale viene presentata l’educazione di un immaginario fanciullo di nome Emilio, del quale vengono narrate tutte le fasi dello sviluppo sino all’età adulta. 
Nel primo libro (zero-sei anni) Rousseau riflette sulla bontà originaria dell’uomo allo stato naturale e sulla sua conseguente degenerazione nei rapporti sociali. Per questo motivo sceglie di far crescere Emilio da solo in una realtà di campagna. Vi è inoltre una riflessione per quanto riguarda l’importanza dell’educazione, impartita da tre “Maestri”: la natura, gli uomini e le cose. Fondamentali sono inoltre le cure educative della madre la quale deve impartire l’apprendimento del linguaggio al piccolo assicurandone un sereno sviluppo nei primi anni di vita. 
Nel secondo libro l’oggetto centrale è invece la fanciullezza di Emilio, il quale crescendo a stretto contatto con la natura impara dalle esperienze dirette: l’educazione non è altro che il rispetto delle leggi della natura. La sua intera educazione e il suo apprendimento sono correlati all’esercizio dei sensi.
Nel terzo libro è invece descritta la cosiddetta “età dell’utile”, ossia il periodo di passaggio dall’apprendimento attraverso i sensi e all’apprendimento intellettuale. In tal caso risulta fondamentale il ruolo del precettore, il quale dovrà valorizzare la curiosità e l’interesse di Emilio,  spingendolo a trovare in sé stesso i mezzi per ampliare le proprie conoscenze.
Nel quarto libro descrive invece la seconda nascita, ossia l’introduzione all’età adulta che esige un cambiamento di metodo: le varie educazioni impartite avranno lo scopo di annullare gli effetti dell’amor proprio, stimolatore di invidia, a favore invece dell’amor di sé, il quale conduce all’istinto della pietà.
Il quinto libro infine si concentra sulla descrizione di Sofia, la futura moglie di Emilio, la quale si presenta come una donna intelligente, bella, pudica, religiosa, attenta alla casa, ai figli e al marito. Da tale descrizione fornita da Rousseau, si comprende la chiara superiorità dell’uomo rispetto alla donna, ancora forte in quell’epoca, per quanto vi sia comunque tra i due è una grande complementarietà.

giovedì 26 marzo 2020

SOCIOLOGIA: devianza e carriera deviante


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La presenza di norme all’interno della società da vita comportamenti conformi e comportamenti non conformi, ossia azioni che rispettano le norme e azioni che al contrario le violano. Nel momento in cui una norma viene trasgredita, il trasgressore “devia” dai modelli di comportamento proposti dalla società, per questo motivo la collettività emette delle forme di punizione di comportamenti devianti,  dette sanzioni. Tramite l’utilizzo di tali sanzioni si tenta di disincentivare comportamenti che violano le norme condivise all’interno della società e la gravità di tali sanzioni e dunque è proporzionale all’importanza che si attribuisce alla norma che viene violata. Il termine devianza non esprime un concetto valutativo, non ha dunque nulla che fare con un giudizio di valore, si tratta infatti di un concetto osservativo, tramite cui si osserva come un determinato comportamento non segue la stessa linea di quello della maggior parte della popolazione. 
La forma più socialmente rilevante di devianza è sicuramente la criminalità, non si tratta di una caratteristica intrinseca di certe persone, ma è semplicemente il modo in cui esse vengono viste dal resto della società.
Essa è l’emblema di quei comportamenti devianti che la società vieta e sanziona attraverso le leggi. Più rilevante del singolo crimine dal punto di vista sociologico è sicuramente il modo in cui certe persone si avviano verso una carriera deviante, ossia verso una vita deviante rispetto alla società in cui vivono. Colui che ha violato la norma viene stigmatizzato come il deviante, viene dunque identificato con un trasgressore di norme e indicato alla pubblica disapprovazione. Egli non è più ricollegato ad un unico crimine che ha commesso, è semplicemente considerato un vero e proprio criminale. 

SOCIOLOGIA: il conflitto


Vivian Maier, storia di una tata col dono della fotografia ...

All’interno di una società il disordine deriva dal conflitto: se infatti l’ordine sociale dovrebbe portare benessere ad ogni individuo, alcune norme possono essere in realtà motivo di malessere. 
Ogni società presenta infatti più di un sistema di norme, che possono entrare in conflitto tra loro. Il conflitto risulta dunque essere un elemento ineliminabile di ogni società. Esso nasce dall’incompatibilità degli obiettivi perseguiti dai vari soggetti sociali, siano essi individui o gruppi. Esso è una forma di interazione sociale che si caratterizza per una forte divergenza di scopi: ognuno mira alla realizzazione del proprio scopo e all’impedimento dello scopo altrui. 
Oltre la divergenza di obiettivi sono necessarie altre due condizioni affinché un conflitto abbia luogo: la scarsità e la maldistribuzione delle risorse sociali e l’incertezza delle norme sociali. 
Per quanto riguarda la prima condizione, è necessario ricordare come molti conflitti sorgono in situazioni di disuguaglianza sociale: ossia nel momento in cui la distribuzione differenziata delle risorse sociali viene vissuta come ingiusta da una parte della popolazione.
Nel secondo caso si parla invece di incertezza normativa, una situazione che si verifica nel momento in cui i vari codici e le varie norme presenti all’interno della società entrano in conflitto tra loro. 
Il valore del conflitto diventa particolarmente importante nel momento in cui esso si verifica tra due gruppi sociali, in tal caso può infatti trasformarsi in un fattore di instabilità dell’ordine sociale. Esso acquista un carattere particolarmente significativo nel momento in cui a contrapporsi sono le classi protagonista della società, dando origine a quella che Marx chiamava lotta di classe, un fenomeno tipico di tutte le società occidentali nel XIX il XX secolo. All’interno della lotta di classe le due classi alla base della società, ossia la borghesia e il proletariato, nucleo della stratificazione sociale, essendo portatrici di due visioni opposte di società e di ordine sociale entrano in conflitto. La borghesia, essendo la classe proprietario dei mezzi di produzione e in quanto classe dominante, difende l’ordine sociale esistente, pur essendo esso caratterizzato da una forte disuguaglianza tra le classi. D’altra parte la classe dei lavoratori, ossia il proletariato, lotta per l’istituzione di un nuovo ordine sociale in cui vengono modificati i rapporti tra le classi e vengono rovesciati i rapporti di produzione tipici del capitalismo. Quello della lotta di classe risulta essere un perfetto esempio di conflitto controproducente. Diversamente il conflitto può spesso avere anche effetti utili o benefici, esso può infatti può favorire la coesione interna del gruppo, aumentando la solidarietà di tutti.